Camillo Zancani

Zancani

Zancani Camillo di Joseph Zancan e di Lucia Pellegrini, nacque a Egna (Bolzano) il 23-8-1820 in una famiglia di modeste condizioni economiche.
Cominciò a lavorare a Trento come commesso il negozio di stoffe Cloch assieme a Fontana e a Bezzi (tutti e due dei Mille di Marsala).

Nel 1848 partecipò alle manifestazioni anti-austriache a Trento: davanti al municipio Camillo tenne un discorso infiammato; seguirono disordini e la guarnigione austriaca sparò facendo quattro morti. Zancan fuggì a Vicenza partecipando a degli scontri e poi a Brescia per arruolarsi nella Legione Tridentina. Alla fine della I guerra d’Indipendenza, grazie all’amnistia poteva tornare a Trento ma nel 1854 si stabilì a Milano, continuando a fare il commesso. Cambiò il proprio cognome Zancan italianizzandolo in Zancani.
Nel 1859, espatriò clandestinamente e partecipò alla II Guerra d’Indipendenza aggregato ai Cacciatori delle Alpi.
Nel 1860 partecipò alla Spedizione dei Mille, assegnato alla V compagnia
Si distinse nella battaglia di Calatafimi e fu ferito leggermente al braccio destro da una palla di rimbalzo. Il 16 maggio fu promosso sergente poi sottotenente dello Stato maggiore.
Al ponte dell’Ammiraglio a Palermo fu ferito al ginocchio ma rapidamente riprese e concluse la campagna. Anche al Volturno ebbe un’altra ferita.

Zancani (secondo in lato) tra i suoi amici ufficiali trentini dopo la battaglia del Volturno

Alla fine dell’impresa ritornò al suo lavoro a Milano, ma senza trovare la tranquillità come invece riuscì ad altri.
Il 5 maggio 1861, esattamente un anno dopo la Spedizione dei Mille, si presentò alla gendarmeria di Trento chiedendo di venire arrestato per i propri trascorsi. Viene accontentato e portato ad Innsbruck ma fu rilasciato alla fine di novembre: tutto era stato in gran parte amnistiato e comunque Zancani era ormai cittadino italiano. Nel 1862 fu tra coloro che preparano l’impresa di Aspromonte ma non vi partecipò direttamente. Nel 1863-64 partecipò alla fallita cospirazione mazziniana per la liberazione del Trentino.
Nel 1866 partecipò alla III Guerra d’Indipendenza. Con il grado di tenente fu aggregato al 6° Reggimento Volontari. Il 21 luglio nel combattimento di Cimego, opponendosi a un piccolo distaccamento di cavalleria austriaca, fu travolto dalla furia dei cavalli e ferito da colpi di lancia al petto e al braccio. Portato in gravi condizioni a Condino, stette tra la vita e la morte, poi andò sempre migliorando. Ebbe la croce di cavaliere dell’ordine militare di Savoia.
La modista Rachela Zeni, sua amica, lo ricondusse a Milano dove riprese il suo lavoro quotidiano presso la ditta Novi. Ma la sua mente non era più quella di prima e aveva perso lucidità.
Negli ultimi anni della sua vita si ritirò quindi a Venezia con le due sorelle, vivendo con la sua pensione.
Morì a Venezia il 26 dicembre 1888, amareggiato, ammalato, dimenticato e in miseria. I soldi per la sepoltura vennero inviati dal primo ministro Francesco Crispi.

In casa del defunto non venne trovato “…un soldo per seppellirlo…”

Telegramma di Cossovich, presidente della Società dei Mille, al presidente del Consiglio dei Ministri Crispi

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