
Le 1000 storie dei Mille di Garibaldi
Gli emigrati veneti tra i Mille.
Alle campagne garibaldine del 1959 e del 1860, accorsero un gran numero di giovani volontari veneti, friulani e giuliani, espatriati per prendere parte alla guerra nella convinzione che sarebbero potuti rientrare da vincitori nella loro terra d’origine, una volta annessa all’Italia.
La loro presenza tra le truppe garibaldine aveva un profondo significato politico attestando l’esistenza stessa di una nazione italiana e la volontà di realizzare una patria comune.
Ma, terminata la spedizione dei Mille con la conquista dell’ex Regno delle Due Sicilie, i volontari si trovarono ormai compromessi politicamente nelle lotte per l’indipendenza e in genere non poterono tornare nel Veneto, ancora austriaco, anche perché lo stato sabaudo incredibilmente gli negò la naturalizzazione (cioè la cittadinanza) che gli avrebbe consentito di tornare a casa con un passaporto italiano.
Iniziava così per gli immigrati veneti, tra cui diversi dei Mille, una difficile vita da esiliati. Si trovarono privi di ogni mezzo di sussistenza, nell’impossibilità materiale di provvedere a sé stessi e per alcuni anche alla famiglia. Essere esiliati o meglio “emigrati” come venivano definiti con sospetto significava impossibilità di trovare lavoro. Significava anche non potere farsi una famiglia oppure perdere la famiglia che si aveva a casa. Significava spesso anche dover compromettere gli ideali che avevano portato a quella scelta, vivendo di espedienti e sotterfugi.
Alcuni, feriti in battaglia, non erano in condizioni di lavorare ed anzi necessitavano spesso di cure e assistenza.
Moltissimi furono costretti a elemosinare sussidi o sovvenzioni straordinarie, o anche un impiego che consentisse loro di vivere dignitosamente. Dovettero ricorrere all’aiuto di associazioni patriottiche che erano, spesso, manovrate da questo o quel partito politico.
Quasi tutti furono soggetti al soggiorno obbligato in centri di raccolta (“depositi”) allo scopo predisposti.
Diversi tra di loro non si lasciano scappare l’occasione di scendere in piazza per sostenere Garibaldi e per protestare contro il governo. I più sospetti come mazziniani, turbolenti e violenti, vennero sorvegliati dalla polizia e a volte trasferiti di forza in Sardegna per punizione. Tra i sorvegliati speciali figurano molti immigrati veneti dei Mille come Pasquale Turola, Antonio Siliotto, Augusto Pavoleri, Placido Fabris, Angelo Donati, Giacomo Miotti e Gustavo Meneghetti.
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