Francesco Anfossi

Francesco Anfossi, distinto ufficiale di carriera era in realtà inadatto alla guerra e fallì due volte, pur essendo circondato da eroi.

Anfossi Francesco di Giuseppe, nacque a Nizza 1819.
Era maggiore dell’esercito piemontese allo scoppio dei moti delle 5 giornate di Milano durante i quali morì il fratello Augusto. Lasciò l’esercito nel 1848 per precipitarsi in Lombardia prima dell’ingresso in guerra del Piemonte. Il governo provvisorio lo mise al comando come colonnello di un corpo di volontari da lui stesso organizzato detto “Volontari della Morte” e intitolato al fratello Augusto Anfossi.

Purtroppo, per la mancanza di organizzazione, l’incapacità di comando e le circostanze difficili, il corpo non dette prova di valore ritirandosi di fronte al nemico in Trentino e lasciando ad altri il peso di contrastare le forze avversarie. Inoltre alcuni detenuti comuni, aggregati alla legione, compirono delle ruberie in un palazzo nobiliare. Questo comportò addirittura un’accusa verso lo stesso Anfossi che venne arrestato e tradotto presso il Castello Sforzesco di Milano. La sua prigionia, tuttavia, non durò molto. ritornò in libertà infatti solo dopo il ritorno degli austriaci in città.

Dopo la guerra le accuse ad Anfossi decaddero ma egli non fu reintegrato nell’esercito sabaudo.
In una sua  memoria difensiva pubblicata nel 1851, cercò di confutare le accuse a suo carico.
Nel 1859 allo scoppiò la Seconda guerra d’Indipendenza Anfossi si propose tra i volontari, ma non gli riuscì di farsi accettare.

Nel 1860 il concittadino Garibaldi decise di dargli una chance, invitandolo a raggiungerlo a Genova per arruolarsi nell’impresa dei Mille, Ebbe il grado di capitano e il comando della 5^ compagnia. Sbarcò a Marsala, fu a Salemi, combatté a Calatafimi. A questo punto le testimonianze divergono.

Secondo Cesare Abba, giunto a Palermo e convinto dell’imminente sconfitta, Anfossi decise di presentarsi al consolato francese (in qualità di nizzardo e quindi con una recente cittadinanza) per ottenere salvacondotti e rimpatriare, addolorando Garibaldi che gli aveva dato inaspettatamente fiducia.
Secondo altri a Calatafimi, nel vivo della battaglia, abbandonò il campo e si nascose in una casa. Per questo sarebbe stato allontanato dal comando della compagnia e fatto rimpatriare.
Comunque fu  escluso dall’onore della medaglia e dal diritto alla pensione

Visse gli anni successivi fra Torino, Nizza e Genova, in povertà. Morì nel 1890 nella città ligure, senza onori e dimenticato.

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