Francesco Bartolomeo Savi

Savi Francesco dei Mille

Francesco Bartolomeo Savi, uomo del popolo e intellettuale democratico, dedicò la sua vita intera agli ideali di libertà e giustizia sociale e da irriducibile repubblicano seguì a malincuore Garibaldi versò un’Italia che non gli piaceva.

Savi Francesco Bartolomeo di Francesco nacque a Genova il 17-1-1820.
Era figlio di uno straccivendolo che morì quando era ancora bambino.
Grazie alla sua caparbietà e intelligenza riuscì ad avere una formazione culturale approfondita, malgrado che la povertà gli impedisse gli studi universitari.
Per mantenersi, fin da giovane, impartiva lezioni private ed era un maestro ricercatissimo tra le famiglie abbienti. A soli venti anni gli venne offerta la cattedra di lingua greca presso un liceo di Lugo, che dovette rifiutare per non lasciare sola la sua anziana madre.
Intorno al 1848, cominciò a fare politica attivamente, secondo ideali mazziniani e repubblicani.
Fondò con Antonio Mosto, la prima associazione operaia di Mutuo Soccorso e la Società del Tiro a Segno, un’associazione dove si formavano ideologicamente, e anche praticamente, i futuri rivoluzionari. Dall’addestramento al tiro di tanti giovani nascerà il corpo dei Carabinieri genovesi.
il suo attivismo si rivelava anche dai suoi scritti e diventò direttore di un giornale di stampo mazziniano, L’Italia e il Popolo.

Proprio in quegli anni si sfiorò il duello tra Savi, democratico intransigente e Garibaldi che cominciava a manifestare una sua strategia unitaria fondata sul Piemonte. Lo scontro a stento viene evitato per un intervento pacificatore dei padrini.
Savi fu nel gruppo dei genovesi che sostenevano Carlo Pisacane nel 1857 e guidò l’occupazione del forte del Diamante durante la rivolta genovese che doveva svolgersi parallelamente agli avvenimenti nel sud Italia. Quando la spedizione finì in una sanguinosa disfatta a Sapri, a Genova la polizia operò una feroce repressione e un’ondata di arresti tra i mazziniani ritenuti pericolosi per la stabilità e l’ordine pubblico, tra cui Savi.
Stava bruciando lettere e documenti compromettenti, quando la polizia sabauda fece irruzione in casa sua e lo arrestò, chiudendo il suo giornale. Fu condannato, pur in assenza di elementi concreti, a ben dieci anni di lavori forzati. Fu scarcerato nel 1859, per amnistia. Malato e duramente provato dalla detenzione, non riuscì a partire con i suoi amici del gruppo della società del Tiro a segno , per partecipare alla II guerra d’indipendenza.

Invece il 5 Maggio del 1860, sullo scoglio di Quarto, tra le camicie rosse al seguito di Garibaldi c’era anche Bartolomeo Savi, come tenente e vicecomandante dei Carabinieri genovesi di Antonio Mosto.
Raggiunse in seguito durante l’impresa il grado di capitano ed ebbe conferita la medaglia d’argento al v. m. per essersi distinto a Calatafimi, Palermo e sul Volturno.
Degli avvenimenti dell’impresa inviò entusiaste corrispondenze al giornale genovese L’unità d’Italia. Privatamente fu comunque sempre critico con Garibaldi “perché s’era lasciato tirare dalla parte del Re” .

Al termine dell’eroica impresa ritornò a Genova e riprese la militanza politica che si espresse in particolare nel ridare vita all’associazionismo popolare.
Fondò l’Associazione unitaria Italiana e la Confederazione operaia di Genova. Diresse i Comitati Genovesi di Provvedimento.
Nel 1862, seguì il Generale Garibaldi e fu ad Aspromonte.
Nel Marzo 1865, di salute ormai malferma e tormentato da disillusioni politiche, a soli 45 anni Savi si tolse la vita con un colpo di pistola.

I circoli democratici lanciarono una sottoscrizione per un monumento funebre nel cimitero di Staglieno. Lo scultore Augusto Rivalta ( fratello di uno dei Mille), rappresentò il Genio della Libertà che incide la data di morte sulla lapide.

“… Quell’uomo dai capelli grigi, non vecchio ancora ma neanche più giovane, è un professore di lettere, amico di Mazzini, uscito di carcere l’anno scorso.
Se ne sta in disparte modesto e taciturno; ma si vede che è amato e cercato. Chi non sa chi sia, gli passa vicino rispettoso e lo saluta...”

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