Giacomo Griziotti

Griziotti Giacomo dei MIlle

Griziotti Giacomo di Antonio (avvocato) e di Lucrezia Ghislanzoni nacque a Corteolona (Pavia) l’11 maggio 1823. Trascorse molti anni della sua fanciullezza a Lecco. Poi fu inviato a Pavia per compiere studi di matematica e poi di scienze chimiche, senza portali a compimento anche a causa dell’adesione alle attività cospirative. Per questo nel 1847 fu arrestato dalla polizia austriaca dopo manifestazioni ostili al governo.
Nel 1848 la popolazione pavese insorse liberando i carcerati politici e così il Griziotti ebbe la libertà. Accorse a Milano dove si arruolò nella colonna pavese e con essa combatté a Pastrengo, Peschiera e Sommacampagna, ottenendo la nomina a sergente d’artiglieria e stringendo con alcuni dei suoi commilitoni (A. Maiocchi, A. Bassini, B. Cairoli) un’amicizia destinata a durare tutta la vita..
Dopo la sconfitta di Custoza partecipò alla difesa di Venezia. Qui raggiunge il grado di sottotenente di artiglieria. A nulla valse il coraggio dei veneziani e dei patrioti accorsi da ogni parte. Costretta la città di Venezia ad arrendersi per la fame e il colera, il Griziotti dopo aver sparato l’ultima cannonata del forte Marghera, fu costretto a prendere la via dell’esilio.  Dopo un rocambolesco viaggio via Grecia, Malta e Sicilia fino a Genova, del quale ha lasciato un taccuino inedito, nell’ottobre 1849 riparò ad Arena Po, un paesino in territorio piemontese poco distante dal confine con il Lombardo-Veneto. Aprì una bottega di drogheria e di generi coloniali. e continuò l’attività cospirativa favorendo il passaggio del il confine ai patrioti che volevano rifugiarsi in Piemonte e raccogliendo armi. Rimase coinvolto nel 1853 nella preparazione di un moto insurrezionale mazziniano a Milano che Griziotti, Bassini e Depretis volevano appoggiare preparando un centinaio di giovani armati al di qua del Po. Il tentativo fallì e mentre l’amico suo Achille Maiocchi salva a stento la vita fuggendo da Milano col vecchio barchetto sul Naviglio, Griziotti e i suoi compagni furono dispersi dalla cavalleria piemontese.
Dopo avere inutilmente atteso che da Milano giungesse il segnale Griziotti prese ogni responsabilità dell’impresa sopra di sé, si consegnò e venne imprigionato ad Alessandria con la minaccia di una deportazione in America. Vittorio Emanuele II intervenne con un decreto di estradizione nella vicina Svizzera, insieme a G. Sacchi e Cairoli. Nuovamente arrestato a Locarno ed estradato dalle autorità elvetiche, riuscì a tornare ad Alessandria e poi Genova dove tentò di fare l’imprenditore nel campo della pesca e di nuovo ad Arena Po dove si sposò. Nel 1859 partecipò alla II Guerra d’Indipendenza aggregato ai Cacciatori delle Alpi con il grado di capitano di artiglieria. Si distinse nella battaglia di Varese e a Bormio meritando una medaglia d’argento al valor militare. Dopo la campagna ritornò brevemente a casa ad Arena Po ma il 5 maggio, due giorni dopo la nascita del figlio Archimede, era già all’imbarco di Quarto. Dopo lo sbarco ebbe il comando della 9^ compagnia di nuova formazione alla quale furono aggregati i Carabinieri genovesi. Si distinse nella battaglia di Calatafimi dove venne ferito al braccio destro e meritò una medaglia d’argento al valor militare poi convertita in Croce di Cavaliere dell’ordine militare di Savoia. Combatté ancora sul Volturno con il grado di maggiore.

Al termine della campagna ebbe il grado di luogotenente colonnello. La sua successiva permanenza nell’esercito italiano avvenne tra molte difficoltà e diffidenze: prima messo in aspettativa, poi nel 1862 assegnato al 31° Reggimento Fanteria, dopo due mesi collocato in aspettativa per infermità e il 20 settembre del 1863 cessato dal servizio e destituito da un Consiglio di disciplina con un calunnioso pretesto.
Per questo ricevette attestati di stima da Garibaldi e da numerosi commilitoni.

Nel 1866 seguì Garibaldi nel Tirolo con il grado di tenente colonnello comandante il I Reggimento dei Volontari Italiani con l’incarico di fortificare e difendere Brescia. Al termine della campagna il governo italiano, annullò il deliberato del Consiglio di disciplina del 1863 e lo nominò colonnello. Sciolto il Corpo dei Volontari, tornò a casa ad Arena Po. Fu un periodo difficile anche per gli aspetti economici, visto che l’eredità paterna si era consumata durante l’esilio e durante le varie campagne. Abbattuto dalle malattie non riuscì a seguire il Generale nella campagna dei Vosgi del 1870 e morì a soli 49 anni.

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