Jacopo Sgarallino

Jacopo Sgarallino era una testa calda livornese del quartiere “Venezia”. Divenne un «capotumulto repubblicano rosso» e tale rimase anche da garibaldino. L’impresa dei Mille per lui fu solo un episodio in una vita avventurosa e romanzesca.

Sgarallino Giovanni Jacopo di Demetrio nacque a Livorno 9 marzo 1826 in una famiglia di navicellai del quartiere “Venezia” dedita da generazioni alle professioni portuali, ai trasporti, ai traffici e probabilmente al contrabbando, come in seguito si sospettò per Jacopo.
La famiglia fu un caso singolare di politicizzazione e attivismo di segno patriottico e democratico tra i ceti popolari. Andrea, il primogenito aderì alla Giovine Italia e coinvolse il fratello Jacopo, particolarmente irrequieto e legato al carattere ribelle dei popolani livornesi, facili alla violenza e alla vendetta. Fin dai sedici anni Jacopo fu più volte raggiunto da condanne e sanzioni per ferimento e per «associazione diretta ai delitti di sangue», e scontò diverse detenzioni a Firenze, Livorno e Piombino.
Nel marzo 1849 fece parte come soldato (il fratello Andrea era capitano) del Battaglione Volontari livornesi “Giovanni delle Bande nere” inviato dal Guerrazzi ai confini toscani nel pistoiese e che operò all’interno di territori ancora largamente filo granducali. Non mancarono le violenze.
Alla caduta del governo Guerrazzi la colonna degli Sgarallino rientrò a Livorno; rifiutarono di deporre le armi e si disposero a un’estrema resistenza. Ai combattimenti nelle drammatiche giornate del 10 e 11 maggio, presero parte anche i fratelli minori.
Jacopo, come il fratello, fu costretto all’esilio. Dopo varie tappe tra Mediterraneo occidentale e orientale, si separarono. Andrea emigrò negli Stati Uniti, Jacopo si fermò a Costantinopoli, lavorando come portuale.
Nel 1854-55 combatté in Crimea non è chiaro come ingaggiato.

Nel 1858 rientrò a Livorno come anche il fratello. Fondarono una loggia massonica e furono subito attivi nel reclutamento di volontari per la seconda guerra d’indipendenza avvalendosi dei loro forti legami politici. Jacopo militò tra i Cacciatori delle Alpi.
Nel 1860, ai primi di maggio, Jacopo partì con il piroscafo Etruria con un contingente verso Quarto, mentre Andrea, guidò per mare a Talamone settantasette volontari, ai quali Garibaldi chiese di unirsi alla colonna di Callimaco Zambianchi in un’operazione diversiva ai danni dello Stato pontificio.
Jacopo fu aggregato alla 2^ compagnia col grado di sottotenente.
Si distinse nella battaglia sul Volturno dove si guadagnò la medaglia d’argento al valor militare. Concluse la campagna con il grado di maggiore e, a differenza del fratello, alla fine dell’impresa si congedò e rientrò a Livorno.
Jacopo Sgaralllino fu in prima linea in tutte le imprese di Garibaldi degli anni seguenti. Nel 1862 fondò la Società del tiro a segno e la “Fratellanza artigiana” e fu attivo nell’arruolamento di volontari per la tentata spedizione su Roma fermata sull’Aspromonte. Beneficiò dell’amnistia, tornò a Livorno, organizzò il trasporto del Generale ferito a Pisa. In seguito fece varie volte visita al generale a Caprera sollevando sospetti nella polizia. In un rapporto fu così descritto: “…immorale, già contrabbandiere, giuocatore, crapulone…”
Nel 1863, fu incaricato di consegnare via Costantinopoli agli insorti anti zaristi in Polonia le armi raccolte dal movimento democratico e nel 1867 quelle destinate alla Grecia. Nel 1866, insieme nuovamente ad Andrea, capitanò due cannoniere sul Lago di Garda, senza grandi risultati militari. Nel frattempo la famiglia aveva indirizzato le proprie attività economiche verso il commercio e si era spostata nel quartiere dell’Ardenza.

Nel 1868 Garibaldi si era rifugiato in casa Sgarallino cercando di organizzare una spedizione verso Roma. Jacopo con un centinaio di volontari (tra cui il fratello Pasquale) anticipò il grosso dei volontari, sconfinando nello Stato pontificio, dove prese parte a vari scontri fino al drammatico epilogo di Mentana.

Nel 1869 fu coinvolto in un fatto di sangue accaduto a Livorno, quando in un agguato fu ucciso il console austriaco Nicolò Inghisani e ferito con due pugnalate alla mascella il vero obiettivo dell’azione punitiva: il generale austriaco conte Francesco Folliot De Crenneville che aveva era stato un duro governatore di Livorno negli anni successivi a quando essa si era sollevata.
Sgarallino il 24 maggio1869 fu arrestato insieme a Corrado Dodoli, anch’esso dei Mille.
Il processo si svolse a Siena ed ebbe una grande risonanza. Garibaldi stesso intervenne pubblicamente a difesa del suo amico Sgarallino e Crispi fece parte del collegio difensivo. Sotto la pressione dell’opinione pubblica il verdetto fu di assoluzione, nonostante evidenti elementi accusatori.

Negli anni seguenti, con Dodoli, aderì all’Internazionale, nutrendo simpatie anarchiche. Ma se ne staccò nel 1874, dopo il congresso di Ginevra, tornando ad ascriversi tra i «Repubblicani Democratici Sociali» . Riprese la via del volontariato armato nei Balcani, tra il 1875 e il 1877, alla testa di una legione italiana partita a sostegno dell’Erzegovina insorta contro l’Impero ottomano. Morì a Livorno il 26 dicembre 1879.

«capotumulto repubblicano rosso»

“Lista dei ricercati” del governo granducale

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