Luigi Miceli

Miceli Luigi di Francesco e di Antonia Campagna nacque a Longobardi (Cosenza) il 7 giugno 1824.

Apparteneva a una famiglia d possidenti terrieri di tradizione antiborbonica che si era molto esposta durante il periodo francese subendo dure conseguenze.
Luigi fece studi giuridici, forse fino alla laurea, e intendeva entrare nella magistratura. Già durante gli studi a Napoli aderì alla Giovane Italia e nel 1848 ebbe un ruolo di responsabilità nell’organizzazione dell’insurrezione in Calabria. Con il fallimento della rivoluzione fu costretto ad espatriare per evitare l’arresto e in seguito venne condannato a morte in contumacia. Giunse prima a Corfù poi a Roma per la difesa della Repubblica Romana e combatté alla a Villa del Vascello. Fu arrestato dai francesi e condotto, con Domenico Mauro e altri, a Civitavecchia per essere consegnato al governo borbonico. In circostanze poco chiare il console inglese riusci a farli imbarcare invece per Genova.

Nella città ligure passò molti anni di esilio, mantenendosi con l’insegnamento e sempre in contatti con i tanti patrioti meridionali rifugiati nel Regno di Sardegna. Fu membro della Società nazionale italiana, non partecipò alla campagna del 1859 con i Cacciatori delle Alpi e fu tra gli organizzatori della spedizione dei Mille. Durante i preparativi della partenza Miceli venne a conoscenza da un telegramma che la rivolta a Palermo era stata domata, ma tenne segreto questo telegramma fino a Talamone.

Nel corpo della spedizione fu aggregato alla III compagnia.
Partecipò a tutti i fatti d’arme.
A Palermo fu promosso capitano è fu nominato avvocato fiscale dei consigli di guerra.

Dopo l’impresa fu eletto Deputato per la sinistra nel collegio di Paola.
Come politico fu tra i pochi che si opposero alla legge Pica sul brigantaggio e auspicò una riforma agraria per distribuire terre del demanio ai piccoli agricoltori.
Nel 1862 partecipò alla preparazione della spedizione in Aspromonte preparando aiuti nel cosentino.
Si dimise dal Parlamento nel 1863 per protesta contro l’esecutivo. Fu comunque rieletto nel l 1865 nel collegio di Calatafimi e in seguito per ben 11 legislature.
Partecipò alla campagna del 1866 come capitano di stato maggiore; combatté a Condino ed ebbe la gli fu conferita la Croce di Savoia al merito militare.
Conclusa l’unità italiana, il Miceli come Crispi e altri repubblicani, accettò la monarchia e divenne un moderato e uno dei politici più in vista.
Divenne Ministro dell’Agricoltura nei governi Cairoli III e Crispi I e II, quantunque egli aspirasse al Ministero degli Esteri.
Fu anche vicepresidente della Camera dal 1886 al 1888.
Fu coinvolto, come altri politici, nello scandalo della Banca Romana per aver accettato un finanziamento illecito a favore del giornale che aveva fondato, La Riforma. Fu nominato Senatore nel 1898.
Morì a Roma il 30 dicembre 1906 e si fece seppellire nel cimitero protestante








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