Piemonte

Il piroscafo Piemonte fu una delle due imbarcazioni utilizzate per trasportare i Mille al comando di Giuseppe Garibaldi da Quarto verso la Sicilia.

Si trattava di una nave in legno con propulsione a vapore, di proprietà della società armatoriale Rubattino, così come il Lombardo, l’altro piroscafo utilizzato nella spedizione.
Il Piemonte dislocava 1512 tonnellate ed aveva un macchina a vapore della forza nominale di 519 cavalli.
 Fu varato a Glasgow nel 1851 ed era adibito al servizio postale.

L’utilizzo delle due navi, dopo che un gruppo di garibaldini al comando di Nino Bixio se ne impadronì nella notte tra il 5 ed il 6 maggio del 1860, nel porto di Genova, è al centro di controverse ricostruzioni storiche, anche se fu chiaro, fin dall’inizio, che il loro furto fosse tollerato o simulato; probabilmente avvenuto sulla base di un accordo tra Garibaldi e il direttore della società Giovanni Battista Fauché.

Il Piemonte salpò trainando il Lombardo che non aveva ancora pressione nelle macchine. Garibaldi si imbarcò sul Piemonte, al cui comando si pose il capitano di marina Salvatore Castiglia. Bixio prese posto sul Lombardo. Le due imbarcazioni, dopo avere raccolto i volontari e i materiali dalle barche in attesa presso la foce del Bisagno, si diressero a Quarto, dove fu imbarcato il resto degli uomini, Dopo le soste a Talamone e a Porto Santo Stefano, effettuate per fare rifornimento, le due navi diressero verso la Sicilia.

Giunti a Marsala l’11 maggio 1860, eludendo le navi borboniche al largo, il Piemonte raggiunse il molo, entrò in porto attraccando tra navi mercantili inglesi, mentre il Lombardo si arenò in una secca. Dopo lo sbarco dei garibaldini a Marsala il legno piemontese fu oggetto dei colpi dei cannoni delle navi borboniche sopraggiunte. Il piroscafo, abbandonato dai Mille, fu poi catturato in serata dalla Real Marina del Regno delle Due Sicilie e trasportato a Napoli. Con decreto del 5 ottobre Garibaldi dispose che dovesse venir preservato, insieme al Lombardo, «in memoria della iniziativa del popolo italiano», e la società Rubattino fu indennizzata, per la sua perdita, con 150.000 lire. Nel 1861 fu quindi radiato dai quadri del naviglio italiano, rimanendo nella darsena napoletana, ma nel 1866, in spregio a quanto decretato dal Generale, fu venduto e demolito.