Francesco Vigo Pellizzari

Vigo Pellizzari

Un ragioniere dal coraggio inaudito, capace di mozzare un braccio a un camorista con una sciabolata e di morire gridando insulti ai francesi.

Vigo Pellizzari Francesco (Bartolo) di Giovanni Antonio e di Carolina Rossi nacque a Vimercate (Milano) 13 marzo 1836
Nacque in una famiglia agiata; il padre, si era trasferito da Castelfranco Veneto in Lombardia e dirigeva una scuola privata a Vimercate, prima di fare il preside in vari collegi nel milanese.
Francesco fu avviato agli studi e, ottenuto il diploma di ragioniere, aveva trovato un impiego che lasciò per partecipare alla seconda Guerra d’Indipendenza aggregato ai cacciatori delle Alpi.
Si distinse a Varese e fu promosso furiere e poi sottotenente.
Nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille aggregato alla VII compagnia.
Si distinse nella battaglia di Calatafimi ed ancora a Palermo sul ponte dell’ Ammiraglio, a Porta
Termini e a Porta Montalto.
A Palermo, quando vide cadere ferito Benedetto Cairoli, con prontezza di spirito assunse il comando della compagnia. Dal 20 giugno al 22 agosto ebbe il comando del VI Battaglione della seconda Brigata nella Divisione Türr. Poi entrò nello Stato Maggiore. Si distinse a Capua dove durante l’assedio di Capua fu ferito, ebbe due cavalli uccisi e non abbandonò il suo posto di combattimento. Per tutta la campagna si distinse per il suo coraggio: “Scherzava con la morte; pareva che l’andasse cercando per schiaffeggiarla, e che la morte lo scansasse, tanto era ardimentoso …” scrisse C. Abba.
Durante la sosta a Napoli fu protagonista di una violenta irruzione in un’osteria contro una banda di camorristi che volevano assassinare un garibaldino; Pellizzari si aprì la strada a colpi di sciabola e recise il braccio di un malvivente che voleva pugnalare l’ostaggio.
Raggiunse il grado di maggiore ed ebbe conferita la croce di cavaliere dell’ordine militare di Savoia per il suo valore a Calatafimi, a Palermo e a Capua.

Dopo l’impresa entrò a far parte dell’esercito Regolare come maggiore di fanteria ma si dimise già nel 1962 per seguire Garibaldi nel tentativo di Roma culminante ad Aspromonte alla testa di un battaglione denominato “Superstiti dei Mille” .

Nel 1864 ritornò a Milano e poi ritornò in Sicilia per lavorare come ragioniere in una ditta di Catania. Ma nel 1866 all’annunzio della III Guerra d’Indipendenza lasciò nuovamente il suo lavoro e corse alle armi.
Con il grado di Maggiore assunse il comando di un battaglione del 9° Reggimento. Si distinse ancora una volta e al termine della campagna, venne decorato con la croce di ufficiale dell’ordine Militare di Savoia.
Nel 1867 ancora seguì il Generale Garibaldi.
Cadde il 3 novembre 1867 a Mentana.

“…Quel mirabile sfidatore della morte, che la morte volle prendere, mentre correva col frustino in pugno contro i Francesi ad insultarli…”.

G.C. ABBA
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