
Le 1000 storie dei Mille di Garibaldi
Prendendo una per una le biografie dei Mille appare chiaro, fuori da ogni retorica scolastica, che essi per di più erano politicamente assai più vicini al repubblicanesimo anticlericale che al nazionalismo filomonarchico.
Molti erano repubblicani fedeli al pensiero mazziniano, specialmente tra i genovesi (compresi quasi tutti i “carabinieri”) e tra gli appartenenti alla borghesia lombarda colta e benestante.
Non mancavano però garibaldini dallo spirito più ribelle che avevano ideali più vicini al socialismo e all’anarchia, per lo più appartenenti a ceti popolari e proletari. Così per esempio furono tutti i volontari livornesi, peraltro scaricati in un’avventura suicida con la colonna Zambianchi.
Questo in un momento come la sosta a Talamone dove, davanti a Garibaldi in divisa sabauda che rende nota la connotazione politica dell’impresa, i malcontenti erano tanti e i livornesi erano scomodi.
Quasi tutti i repubblicani rimasero però fedeli al generale Garibaldi, riconoscendolo come un condottiero rivoluzionario, ancor prima che un patriota: fedeli al Garibaldi anticlericale e guerrigliero e non a quello dell’obbedienza rassegnata al Regno d’Italia.
Il sogno garibaldino di un’Italia unita, repubblicana e democratica, si dissolveva così precocemente a Talamone, anche perché non accompagnato da una solida convinzione ideale e politica. Paradossalmente a minare il raggiungimento di tale obiettivo, saranno le contraddizioni interne allo stesso movimento garibaldino, imbrigliato nella morsa della scelta.
Come ognuno di questi garibaldini repubblicani abbiano conciliato le proprie idee con il grido “Vittorio Emmanuele e Italia” è scritto nelle biografie di ognuno di essi.
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