Giuseppe Nuvolari

nuvolari

Giuseppe Nuvolari, fu l’unico dei Mille a dire “Non ne valeva la pena!” Prima fedelissimo di Garibaldi, poi scomodo autore di feroci critiche che mostravano le contraddizioni di quegli uomini e di quel processo che aveva prodotto l’Unità della nuova Nazione.

Nuvolari Giuseppe di Gaspare nacque a Carzedole di Roncoferraro (Mantova) il 26 febbraio1820.
Apparteneva a una ricca famiglia di imprenditori agrari che aveva fatto del sodalizio tra congiunti il suo punto di forza per affermarsi soprattutto nella risicoltura.

IL COSPIRATORE

Nel 1848 fu arrestato per motivi politici, insieme ai cugini Gaetano, Bartolomeo e Giovanni. In carcere restarono pochi mesi.
Nuvolari rimasto fervente repubblicano e mazziniano, fu coinvolto, come tanti membri della sua famiglia, nei processi di Mantova degli anni 1852-1853 con Tito Speri, Carlo Montanari e altri; al contrario dei suoi suoi amici impiccati a Belfiore, si salvò fuggendo a Genova, raggiunto da una condanna a morte in contumacia. Il cugino Giovanni fu condannato a 12 anni di reclusione in Boemia (ne scontò 4) e l’altro suo cugino Giuseppe (nonno del leggendario Tazio Nuvolari), di quindici anni più giovane riescì anch’esso a fuggire.
A Genova si impegnò nei comitati d’azione che a lui ricorsero anche per denaro che egli generosamente donò anche per la spedizione del 1857, costata la vita a Carlo Pisacane.

Dopo un esilio di quasi quattro anni, il 10 gennaio 1857, Nuvolari venne graziato dal governo austriaco e l’anno successivo ritornò nella sua terra a Carzedole.
Ma Giuspin, come lo chiamavano, era un uomo di azione e non si accontentò di occuparsi delle cospicue proprietà di famiglia la cui amministrazione lasciò a suo fratello Antonio.
Infatti nel 1959 espatriò clandestinamente e si arruolò nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, nello squadrone delle Guide a cavallo. Dopo Villafranca seguì Garibaldi che,amareggiato dall’armistizio, si mise alla testa delle truppe della lega militare dell’Emilia e della Toscana, pronto ad invadere lo Stato pontificio nelle Marche e a liberare Ancona. Ricostituitosi a Bologna il corpo dei Cacciatori delle Alpi, Giuseppe Nuvolari si arruolò nuovamente con il grado di sergente agli ordini di Nino Bixio. Presentato dall’amico conterraneo Luigi Gusmaroli, Giuseppe Nuvolari finalmente conobbe a Bologna il Generale Garibaldi. Da quell’incontro naque un legame di stima e amicizia.
Anche l’impresa di liberare le Marche fu bloccata da un perentorio ordine di Cavour che obbligava “a sloggiare, entro 24 ore”, come scrisselo stesso Nuvolari nel suo infuocato pamphlet, pubblicato a Genova venti anni dopo.

“… guida semplice, caporale, sergente; il cavallo e le armi erano di mia proprietà, ero libero; ma mi sentivo ancora soldato e senza intendermi di politica, così all’ingrosso capivo che tutto non doveva essere finito …”.

NUVOLARI descrive sé stesso nel 1859

IL FEDELISSIMO

Alla fine di dicembre del 1859 da Genova si recò con Bixio a Caprera per la prima di tante visite e vi rimase per due mesi durante la preparazione della spedizione dei Mille, nella ristretta cerchia stretta dei collaboratori.
Ebbe incarichi di fiducia e fu l’ultimo a salire sul Piemonte portando il denaro datogli dal Bertani e dal Migliavacca.
Fu aggregato al reparto Guide. Partecipò alle battaglie di Calatafimi, Palermo e Milazzo.
Al Volturno fu aiutante di campo del Generale Nino Bixio e con R.D. 12.6.1861 ebbe conferita la medaglia d’argento al valor militare. Concluse la campagna con il grado di capitano.
La famiglia Nuvolari dimostrò anche in questa occasione la sua totale adesione all’ideale unitario. Un nipote di Giuseppe era con lui con i Mille ( Attilio Rizzotti) e altri tre arrivarono con le spedizioni successive.

Terminata l’impresa, non volendo tornare a Mantova rimasta austriaca, si imbarcò con Garibaldi sul Washington per Caprera insieme ad un gruppo ristretto di fedelissimi. In novembre si stabilì a Torino, e si sottopose alla commissione di scrutinio per il passaggio nell’esercito regolare nel Corpo volontari italiani, sciolto però nella primavera del 1862. Fu allora che Nuvolari, ritornato a Genova, si mise operativamente al servizio di Garibaldi nei duri anni dell’esilio a Caprera, con l’ingrato compito di verificare le condizioni per un’insurrezione nel Trentino, che si esaurì con l’arresto di un gruppo di garibaldini a Sarnico. Facendo la spola con Caprera ebbe anche incarichi di stretta fiducia: per esempio fu lui a consegnare una lettera personale di Garibaldi al Re Vittorio Emanuele II a Torino.
Nel 1862, come ufficiale di stato maggiore, seguì Garibaldi per il tentativo della liberazione di Roma fermato sull’Aspromonte dove fu a fianco del Generale ferito.
Nel 1866 partecipò alla III guerra d’Indipendenza con il grado di capitano e fu con Garibaldi in Trentino e a Bezzecca, comportandosi valorosamente come al solito.
Nel 1867 fu ancora con il Generale Garibaldi a Monterotondo e a Mentana.
Ritornò a Roncoferraro ma poi visse comunque quasi sempre a Genova, recandosi ripetutamente a Caprera.

“….Nuvolari da Mantova, un ricco campagnuolo che ha cospirato e combattuto umile e costante; tipo di puritano dei tempi di Cromwell…”

G.C. ABBA

LA DELUSIONE

Negli anni ’70 cominciarono a rovinarsi i rapporti con Garibaldi e con le persone della sua stretta cerchia, anche familiare, verso cui Nuvolari nutriva forti perplessità. L’isola del Generale – scriveva Nuvolari -“… in quell’epoca offriva l’aspetto di una isola sacra, meta al pellegrinaggio d’ardenti fedeli. Ma non tutti invero erano dei ferventi pellegrini, mentre non pochi approdavano per sollecitarvi la conferma di un grado, o un certificato per ottenere un impiego o una efficace raccomandazioni…”
Contribuirono a questa disaffezione le Memorie di Garibaldi in cui il Generale non fa mai cenno né a Nuvolari né a Gusmaroli o Froscianti che erano stati i fedelissimi compagni e amici del Generale, vicini nella buona e nella cattiva fortuna.
Nuvolari, ricco proprietario, si era anche prestato nel 1875, per qualche mese, a fare il custode di Caprera, in assenza dello stesso Garibaldi che glielo aveva chiesto come favore personale; un’esperienza che aveva lasciato incomprensioni e una sensazione di ingratitudine.

Negli anni aveva visto quelli che lui considerava arrivisti, promossi ai più alti gradi e onori; aveva visto Gusmaroli accusato ingiustamente e aveva visto Garibaldi sopraffatto dal proprio ego e non in grado di dare dell’impresa dei Mille un quadro più corale e obiettivo.
Nuvolari si sentì tradito nell’amicizia e nella stima, negli ideali e forse anche nei traguardi personali sperati.

GLI SCRITTI

Nel 1879 pubblicò Come la penso, in forma di lettera al sindaco della Maddalena. Nel pamphlet, ristampato altre due volte, mescolava memorie dell’impresa dei Mille e considerazioni sociologiche in cui intendeva mostrare le differenze tra la laboriosità lombarda, da lui idealizzata, e la passività e pigrizia dei sardi e dei meridionali in generale e come tale caratteristica negativa fosse favorita dalle elargizioni clientelari del governo fatte a scapito delle tasse pagate dal Nord operoso e in particolare dalla borghesia rurale padana. Si trattava di giudizi basati su stereotipi negativi e obiettivamente falsi per quel che riguarda gli aspetti economici e in particolare l’idilliaca situazione delle campagne padane e mantovane (che tale non era) e le gravi diseguaglianze fiscali che egli lamentava e che avrebbero penalizzano il Nord produttivo a favore del Sud parassitario. Tuttavia lo scritto aveva il merito di mettere in luce come il sottogoverno della nuova Nazione fosse fin da subito corrotto dal clientelismo assistenziale e dagli sprechi di denaro pubblico, mai indirizzati a investimenti utili. Non mancano giudizi sferzanti anche verso tutti i filomonarchici, i “moderati” (anche se poi non gli piacque neppure il governo della Sinistra) e anche verso alcuni dei protagonisti della spedizione dei Mille. Ne ha per tutti, per i siciliani, per i calabresi per i genovesi, per Medici, per Cosenz, per le promozioni facili.
Era un’aspra invettiva che annullava per sempre il retorico idealismo risorgimentale di fratellanza civile traboccante dagli scritti e dai discorsi degli altri protagonisti della nostra storia nazionale. In definitiva Nuvolari, dopo aver combattuto per imporre l’unità al Paese, ammetteva che era meglio rinunciarvi.
La polemica antimeridionalista ebbe altri sostenitori negli anni successivi all’Unità, ma Nuvolari evidenziò una sincerità nel documentare il diffuso pregiudizio di un Nord eticamente e culturalmente superiore al Sud che pochi ebbero, allora, il coraggio di ammettere.
Il libro controcorrente di Nuvolari contrastava con la versione degli altri memorialisti garibaldini e con la storiografia ufficiale e celebrativa che si andava formando e non fu per nulla apprezzato dal Generale.

Tra il 1889 e il 1890, dopo aver cercato di pubblicare il manoscritto Osservazioni ed aggiunte alle Memorie di Garibaldi per Giuseppe Nuvolari dei Mille riuscì a pubblicarne stralci su un periodico. Questo determinò la definitiva rottura dei rapporti con Garibaldi e con i suoi familiari.
Lo scritto reagiva ai troppi omissis di avvenimenti e alle troppe manipolazioni degli avvenimenti contenuti nelle Memorie di Garibaldi. Era la reazione di un testimone oculare che si vedeva cancellato anche nel nome e nel ricordo. Puntigliosamente reagiva alla tendenza a idealizzare i protagonisti maggiori e a smussare angoli e contrasti che caratterizzava la versioni ufficiale degli avvenimenti di quella che era diventata la storia della nascita di una Nazione che a Nuvolari non piaceva.
Ne viene fuori anche un ritratto meno patinato e più realistico di Garibaldi e degli altri protagonisti dell’epopea dei Mille.

Morì il 17.7.1897 a Carzedole. Le sue ceneri sono conservate sotto un monumento in bronzo nel giardino della villa di famiglia.

Io sono vecchio e quindi poco mi resta da perdere, ma se fosse possibile tornare indietro, confesso che terrei un’altra condotta. Fra mezzo a tante delusioni a tanti inganni, a tanti dispiaceri vi è una cosa che mi consola assai; sì è quella che avendo partecipato a tanti sconvolgimenti politici, non potei avere figli, così non avrò il dolore di lasciarli spettatori delle vergogne del nostro sventurato paese e francamente dichiaro che se mi fossi immaginato il come sarebbero andate le cose, non mi sarei di certo imposto tanti sacrifici materiali e morali, perché non ne valeva la pena!”

dal Memoriale di Giuseppe NUVOLARI

Tazio Nuvolari ricordava questo vecchio zio che gli faceva regali quando era un bambinetto.

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