Giuseppe Fanelli

Giuseppe Fanelli

Giuseppe Fanelli, un garibaldino dei Mille diviso tra Mazzini, Garibaldi, Marx e Bakunin, tra patriottismo e istanze sociali, tra ideali repubblicani e utopie anarchiche

Giuseppe Fanelli nacque a Napoli, il 13 ottobre 1827, figlio di un noto giurista pugliese.
Seguì gli studi di architettura, ma non terminò gli studi. Aderì giovanissimo alla Giovine Italia, partecipò ai Moti del 1848 in Lombardia e successivamente alla difesa della Repubblica romana. Dopo la resa riparò a Malta, in Corsica e a Genova, dove diventò amico di Pisacane.

Tornato a Napoli, a capo del Comitato insurrezionale, prese parte alla preparazione della Spedizione di Sapri, destinata al fallimento. In merito a tale periodo le opinioni divergono. Fanelli, dopo un periodo di avventati entusiasmi, aveva scritto lettere, forse tardive, che mettevano in guardia Mazzini sulla impossibilità di organizzare il sostegno sul territorio nel poco tempo a disposizione. Dopo il fallimento fu accusato, insieme a tutto il comitato napoletano, per l’irresolutezza, la disorganizzazione e l’insufficiente azione che avevano contribuito al disastro. Mazzini, stesso attribuí l’inazione dei patrioti napoletani, oltreché alla riluttanza dei tanti moderati, al «difetto d’iniziativa» congenito al carattere di Fanelli, «difetto che un discorso di mezz’ora con lui basta a rivelare»; e  lo invitò a consacrare invece la «vita a qualche fatto generoso ed energico». 
Giuseppe Fanelli per sfuggire alla polizia si imbarcò su una nave inglese e si rifugiò prima a Smirne e Malta, poi a Londra e a Genova, rimanendo sempre repubblicano e in contatto con Mazzini, con cui però anche negli anni seguenti ebbe dei contrasti.
Negli anni precedenti la spedizione dei Mille fu tenuto d’occhio dalle polizie della penisola come sovversivo.

Nel 1860 s’imbarcò con i Mille e partecipò a tutta la spedizione, inquadrato come tenente  nel reparto di artiglieria agli ordini di Orsini. Si distinse a Calatafimi e concluse la campagna come colonnello dei Cacciatori del Vesuvio, con azioni contro le ultime resistenze in Molise e Abruzzo.
Dopo l’unificazione monarchica, deluso, tornò su posizioni di estrema sinistra e si ritirò a Martina Franca, dove la famiglia possedeva alcuni beni. Le accuse relative al disastro di Sapri si riproporranno anche dopo il 1860 da parte dei superstiti liberati dalle galere borboniche. In particolare Nicotera, futuro ministro dell’Interno, lo riteneva un inetto codardo e con lui ebbe degli scontri al limite della violenza fisica, già durante la spedizione dei Mille.
Dal 1865 al 1874 divenne deputato al Parlamento italiano venendo eletto nel Collegio di Monopoli.

Nel frattempo aveva conosciuto Bakunin a Ischia nel 1866 e si era avvicinato all’anarchia, attratto dall’idea della creazione di una società socialista e libertaria.
Fanelli partecipò con Garibaldi alla terza guerra d’indipendenza del 1866 (ricevendo una ferita a Bezzecca) e alla spedizione a Roma del 1867, nonostante la contrarietà di Bakunin avverso a ogni forma di nazionalismo.
Dopo aver supplicato Mazzini di mettere al centro i problemi sociali ed essere stato trattato da scolaretto, ruppe definitivamente con i mazziniani ed entrò a far parte della Prima internazionale, contribuendo alla sua organizzazione e alla diffusione delle idee anarchiche in Italia e nel 1868 in Spagna come emissario di Bakunin.
Nello scontro interno all’Internazionale tra Marx (che Fanelli conobbe a Londra) e Bakunin prese con decisione posizione a favore del secondo, partecipando attivamente al Congresso della Lega per la pace e la libertà a Berna, sostenendo la mozione di Bakunin, alla Conferenza di Rimini e al successivo Congresso Internazionale di Saint-Imier.

Fanelli
Fanelli, alla sinistra di Bakunin, al congresso dell’internazionale di Basilea nel 1869

La personalità di Fanelli fu complessa come i suoi riferimenti ideali. Fu un entusiasta oratore, ma rifuggiva dalle responsabilità. Nella sua vita si scontrarono il patriottismo di tipo mazziniano e la convinzione della centralità della rivoluzione sociale, gli ideali unitari e l’internazionalismo socialista ma antiautoritario.

Gli ultimi anni furono caratterizzati dalla sua progressiva emarginazione all’interno degli ambienti internazionalisti, dalla perdita del seggio parlamentare, dalla tubercolosi e da una forte depressione che lo portò alla progressiva perdita della sanità mentale. Morì a Nocera Inferiore presso una clinica psichiatrica il 5 gennaio 1877.

BIBLIOGRAFIA :
Antonio Lucarelli, Giuseppe Fanelli nella storia del Risorgimento e del socialismo italiano, 1952

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