Luigi Novaria

Novaria Luigi di Domenico nacque a Pavia 24 luglio 1827 in una famiglia benestante di commercianti e possidenti.
Nel 1848, insieme al fratello minore Enrico, partì per partecipare alla I guerra d’Indipendenza nella “Legione Grifini”, combattendo a Goito.
Tornato in famiglia dopo la sconfitta, prese parte attiva alle cospirazioni antiaustriache e nell’osteria di sua proprietàsi radunavano molti giovani esaltati. Nel 1959 fu sospettato per due omicidi di simpatizzanti filo austriaci, il professore Bricco e il giornalista Ripamonti, in cui quasi sicuramente era invece coinvolto come diretto esecutore il fratello Enrico.
Espatriato per sfuggire alla polizia, partecipò alla II guerra d’Indipendenza.
Nel 1860 partecipò alla Spedizione dei Mille, ancora insieme al fratello.
Con il grado di caporale fu aggregato alla VII compagnia.
Si distinse nella battaglia di Calatafimi per cui con R. D. 12-6-1861 ebbe conferita la medaglia
d’argento al valor militare.
Avanzò di grado a ufficiale (sottotenente), ma è ricordato da Adamoli come uno dei capi della rivolta contro l’ammissione di ufficiali napoletani disertori nello stato maggiore della brigata Turr.
Conclusa la campagna con il grado di tenente e una medaglia d’argento al valor militare, entrò brevemente nell’esercito italiano, lasciato nel 1862 per seguire il Generale Garibaldi sull’Aspromonte.
Tornato a Pavia a fare il commerciante, risulto schedato dalla polizia come repubblicano.
Nel 1866 partecipò alla III guerra d’Indipendenza.
Sembra sia morto a Pavia nel luglio del 1866, ma su tale data vi sono dei dubbi dovuti alla confusione che alcuni hanno fatto tra le biografie dei due fratelli: Enrico effettivamente morì in battaglia a Bezzecca nel luglio 1866.
Lasciò solo una figlia illeggittima che nonostante una lunga causa in tribunale non riuscì a ereditare i beni dei Novaria.

“Tra quei compagni di ventitrè anni il Novaria ne aveva trentatrè, pareva un vecchio, ma stonava poco perchè versava larga la sua vena di ilarità, sebbene talvolta fosse canzonatore mordace…”

G.C.ABBA
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