Maria Giuseppe Pessolani

A Maria Giuseppe Pessolani la Storia ha presentato un conto salato: la mancanza del padre, il carcere, l’esilio, le ferite della guerra.

Maria Giuseppe Pessolani (Atena Lucana, 27 febbraio 1807 – ivi, 23 novembre 1871).
Apparteneva a una famiglia che si era schierata con i francesi nel 1799 subendo persecuzioni nella Restaurazione. Era figlio di Saverio Arcangelo che fu tra i protagonisti della rivoluzione del 1820 ed era conosciuto esponente della Carboneria. Nel ’48, fallita la rivoluzione, il padre era stato alla macchia per un paio d’anni e poi catturato, condannato a morte e poi all’ergastolo.
Trascorse una giovinezza senza il padre e nel 1827 fu chiamato a prestare il servizio militare e congedato tornò in paese sei anni dopo nel 1834 e fu subito in prima fila nella militanza clandestina. Sottoposto a sorveglianza politica e addolorato di avere ancora il padre all’ergastolo, si trasferì a Napoli dove entrò in contatto con ambienti mazziniani e fu arrestato per un breve periodo. Quando re Ferdinando il 15 maggio 1848 abolì la costituzione, partecipò a un tentativo di sollevazione in Lucania e nel Cilento. Passò un anno in clandestinità e fu arrestato nel 1850 e condannato prima a morte e poi all’ergastolo. Fu inviato dapprima a Nisida, poi a Procida e qui ebbe a compagno di sventura Luigi Settembrini. Fu tra i 66 carcerati destinati alla deportazione in Argentina e imbarcati sul vapore “Stromboli” fino a Cadice. Qui Pessolani con gli altri fu trasbordato sopra lo mercantile ”Daniel Stewart” sul quale si era imbarcato, fingendosi un cameriere cubano, il figlio di Settembrini che costrinse il mercantile a cambiare rotta e a gettare la ancore nella baia di Cork. Così i deportati riebbero la loro libertà. Pessolani, si recò a Torino, come altri esuli meridionali e tentò di fare il commerciante di stoffe.

Nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille insieme ad altri di coloro che erano imbarcati sullo “Stromboli”.
Nella battaglia di Milazzo rivestiva il grado di capitano, venne ferito ad una gamba e trasportato all’ospedale di Barcellona. Dopo due mesi di degenza fu trasportato all’ospedale San Sebastiano di Napoli ed ivi i medici o dichiararono inabile. Fu congedato con il grado di maggiore e dopo oltre dieci anni ritornò finalmente ad Atena dove fu giudice conciliatore e Sindaco. Ebbe le medaglie commemorative.
Ritiratosi dalla vita pubblica per la salute malferma causata dalla cicatrice della gamba che ogni tanto si riapriva, morì il 23 novembre 1875.

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