Pietro Pecchioni

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Pietro Pecchioni dopo una tumultuosa vita da cospiratore, conclusa con l’impresa dei Mille, a quarant’anni divenne un tranquillo padre di famiglia.

Pecchioni Pietro Giovanni di Luigi e di Teresa Belli nacque a Veratto, frazione di Sarmato (Piacenza) il 4 gennaio 1828.
Fin da giovanissimo imparò a costruire barche e lavorò come traghettatore sul Po.
Seguendo le orme del padre si arruolò ventenne nelle Guardie di Finanza del Ducato di Parma e Piacenza, entrando presto in contatto con molti simpatizzanti del movimento mazziniano e affiliati della Giovine Italia. Successivamente partecipò alle imprese che i mazziniani prepararono per sollevare lo Stato parmense contro Carlo di Borbone. Nel 1854 Pecchioni partecipo a due tentativi andati a vuoto per attentare alla vita del Duca di Parma attendendo inutilmente il passaggio della sua carrozza. Il Duca fu poi ucciso il 26 marzo 1854 per mano di un altro congiurato.
Pecchioni ritornò sul posto di lavoro a rivestire la divisa e partecipò a luglio a una insurrezione fallita. A seguito delle indagini fu catturato e torturato a bastonate per un mese. Pecchioni rimase in silenzio ma non fu incluso tra i condannati alla fucilazione, al contrario di altri suoi colleghi finanzieri.
Venne condannato il 9 settembre 1854 ai lavori forzati con l’accusa di cospirazione e tradotto ai lavori forzati nel carcere di Mantova. Riuscì a fuggire aprendosi un varco, dietro una catasta di legna, nel muro verso il lago. A nuoto raggiunse un canneto e a nascondersi, mentre gli altri due fuggiaschi vennero riarrestati. Attraversò a nuoto il Po, rientrando negli Stati Parmensi.
Giunto sulle sponde riuscì a disarmare due gendarmi e giunto a Parma travestito da donna, ebbe aiuto da alcuni patrioti: denari e abiti e una lettera di raccomandazione per Nino Bixio che lo prese sotto la sua protezione.

Visse a Genova per qualche tempo e nel 1859, arruolatosi nei Cacciatori delle Alpi, divenne l’ordinanza di Bixio e combatté a Varese e Treponti.
Nel 1860 si imbarcò a Quarto per la spedizione dei Mille. Sbarcato a Talamone partecipò alla spedizione Zambianchi. Sfuggì alla cattura, tornò a Genova e si imbarcò nuovamente per la Sicilia con la spedizione Cosenz. Con il grado di caporale partecipò al combattimento di Milazzo e fu curato per ferita nell’ospedale di Messina.

Dopo lo scioglimento dell’esercito meridionale, il Pecchioni, ritornò a Parma. Considerato un eroe popolare fu assunto come guardia municipale e si sposò. Collocato poi in pensione, ebbe in concessione il laghetto del giardino pubblico di Parma dove gestì il servizio di noleggio di piccole imbarcazioni, lavorando per mantenere la numerosa famiglia.
Morì a Parma 9 agosto 1908.

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