Salvatore Castiglia

Salvatore Castiglia

Salvatore Castiglia nacque a Palermo il 10 marzo 1819 da Francesco e da Anna Maria Puccio.
A soli tredici anni s’imbarcò come mozzo su un bastimento degli armatori Florio. Attratto dalla vita marinaresca, intraprese gli studi presso il collegio nautico di Palermo vi si diplomò nel 1837; entrato nel 1839 nella marina mercantile, divenne capitano, solcando tutti i mari del mondo dall’America del Nord al Messico, alle Antille, all’Inghilterra, all’Olanda, alla Scozia. Ebbe modo così di entrare in rapporto anche con gli esuli italiani di oltre Oceano e di fare da tramite tra essi per lo scambio di idee e di istruzioni rivoluzionarie. Del resto faceva parte di una famiglia coinvolta nella cospirazione politica: il fratello Giovan Battista morì esule a Torino; il fratello Benedetto fu deputato dopo l’unità.

In contatto con i comitati rivoluzionari di Napoli e Palermo, nel ’48 prese parte attiva alla rivoluzione. Dopo l’insurrezione di Messina portò soccorsi di armi e munizioni alla sua città natale. Partecipò alla presa di Castellammare, tentò di organizzare un’azione dal mare contro la fortezza di Milazzo e si adoperò per costituire una flotta dopo la nomina i comandante della marina dal governo rivoluzionario.

Nel giugno trasportò a Paola in Calabria la famosa spedizione Ribotti, partecipando anche alla difesa di Messina. Venne quindi inviato dal governo in Francia e in Inghilterra per l’acquisto di nuove navi con cui migliorare l’organico della flotta siciliana, ma la missione fu troncata dalla sconfitta della rivoluzione. Con il denaro rimasto in suo possesso durante l’esilio, e che ammontava a circa quarantamila lire, sovvenzionò qualche iniziativa rivoluzionaria: sostenne fra l’altro le spese, a Genova, per la missione di Pilo nel 1850 a Livorno. Dopo l’Unità pare si fosse deciso a cedere tutto il rimanente, custodito gelosamente, a Garibaldi, in favore del Comitato di provvedimento per Roma e Venezia e per alimentare alcuni giornali del partito d’azione.

Salvatore Castiglia, esule in Piemonte, riprese la vita del mare, ma anche a cospirare. Fu poi tra gli organizzatori dell’impresa dei Mille e tra coloro che nella notte sul 6 maggio 1860 s’impadronirono dei due piroscafi che dovevano portare i garibaldini in Sicilia. Nominato comandante del “Piemonte“, indicò a Garibaldi con valide considerazioni Marsala come il punto migliore e più sicuro per lo sbarco. Dopo lo sbarco formò con gli uomini dell’equipaggio dei due piroscafi una compagnia di artiglieria di cui ebbe il comando e partecipò con valore alla battaglia di Calatafimi.

Dopo la liberazione di Palermo, divenne direttore dei servizi marittimi, ed ebbe da Garibaldi l’incarico di preparare a Milazzo una flottiglia di barche per il trasporto dei volontari in Calabria. La traversata fu poi effettuata non senza peripezie e qualche sbandamento per l’ostacolo opposto dalle truppe borboniche del forte di Scilla, mentre il grosso delle forze garibaldine era tuttavia riuscito a passare al sicuro sui piroscafi “Torino” e “Franklin”.

Mentre le truppe procedevano, tornò a Palermo, nominato comandante generale della marina sicula.
Nel 1860 il governò stabilì con decreto l’elenco dei porti militari del nuovo stato e Salvatore Castiglia polemizzò con le decisioni governative con un vivace opuscolo dal titolo Le stazioni navali del Regno dItalia (Torino 1861). Egli osservava che il governo, nel fissare con quel decreto i principali centri marittimi, era stato spinto da necessità politiche e non da considerazioni legate all’efficienza della marina militare e all’economia trascurando i porti naturali come Brindisi, Augusta e Siracusa, necessari per assicurare all’Italia il dominio sul Mediterraneo.

Per questo suo spirito critico e per la sua intraprendenza non entrò in favore delle alte sfere governative. Le sue proposte non trovarono buona accoglienza. Dopo l’annessione, venne del tutto escluso dalle nomine nella marina italiana. Fu allontanato dall’Italia con la nomina di console prima a Copenaghen, e poi a Odessa dove rimase a rappresentare l’Italia ben ventisette anni. Nel 1892 si ritirò a vita privata a Napoli, dove morì l’11 ottobre 1895.

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