Faustino Tanara

Il maggiore Tanara

Faustino Tanara, gran soldato di tante battaglie, metteva insieme causa nazionale e “questione sociale” e credette in un “socialismo garibaldino” che mirasse alla giustizia tra le classi.

Tanara Faustino di Giacomo e di Aloisa Tromba nacque il 10 gennaio 1831 a Langhirano (Parma) il 16 Febbraio 1833.
I genitori avevano un piccolo podere nella frazione di Manzano.
Fu messo a studiare nel Seminario di Berceto (Parma) che all’epoca era l’unico strumento per istruirsi per un ragazzo di modeste condizioni. Esaltato dalle idee unitarie e mazziniane, aderì alla ”Giovine Italia”, lasciò il collegio e si arruolò volontario nelle truppe ducali di Parma anche se probabilmente non partecipo a combattimenti. Ritornato a casa, senza aver concluso gli studi e privo di lavoro, scelse il mestiere delle armi e nel 1851 si arruolò nell’esercito borbonico dove raggiunse il grado di sergente.
Nel 1859, lasciato il sud, partecipò alla II Guerra d’Indipendenza aggregato ai “Cacciatori delle Alpi” con il grado di sergente furiere, grazie ai suoi trascorsi militari. Subito manifestò particolari doti di fermezza e di valore; si distinse nella dura battaglia di Treponti per cui venne promosso sottotenente.
Ritornato brevemente a Langhirano, nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille aggregato alla V compagnia con il grado di tenente.
Si distinse nella battaglia di Calatafimi. Si distinse ancora a Palermo sul Ponte dell’Ammiraglio e sul Volturno dove comandava un reparto di bersaglieri. Con rapide promozioni dovute alle sue capacità di comando, concluse la campagna con il grado di maggiore e una medaglia d’argento al valore.
Fece ritorno al paese nativo, ma nel 1862 fu di nuovo con Garibaldi ad Aspromonte.

Negli anni seguenti si sposò ed ebbe dei figli, fece anche lo scrivano, ma rimase in contatto con Garibaldi che lo incaricò di raccogliere a Parma i fondi per il milione di fucili, e anche con Mazzini che scriveva al “fratello” Tanara per incitarlo a tenersi pronto a nuove imprese.

Nel 1866 partecipò alla III guerra d’Indipendenza. A Bezzecca, alla testa del suo battaglione, con una violenta, carica alla baionetta, irruppe sul nemico. Ferito al braccio destro, si mantenne saldo a cavallo guidando i suoi e tenendo alta la sciabola con la mano sinistra.
Fu colpito ancora al petto ma la ferita non fu mortale. Fu nominato Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia per il suo valore dimostrato.
Nel 1867 comandò di un battaglione nella tentata liberazione di Roma.

Si impegnò nella Società di Tiro a Segno Nazionale a Parma e una associazione di Mutuo
Soccorso a Langhirano.
Nel 1869 fu coinvolto nelle proteste per la famigerata tassa sul macinato, subendo la carcerazione “preventiva” a Parma.
Nel 1870 accorse in difesa della Francia” ed ebbe il comando della I Legione Italiana chiamata poi “Legione Tanara”, e il grado di colonnello. Per il valore dimostrato a Digione fu insignito dalla Francia con la Croce di Cavaliere della Legion d’Onore .
Dopo la campagna dei Vosgi, il colonnello Tanara tornò a Langhirano con la bandiera della Legione che gli era stata affidata dal Generale e che poi volle sul letto di morte.

Tornato in famiglia visse modestamente, curando il piccolo podere ereditato dalla madre, circondato dalla stima generale e dai suoi ricordi.
La campagna francese aveva minato la sua salute e morì a 45 anni nel 1876, forse per tubercolosi, lasciando la famiglia in povertà, tanto che Garibaldi si sentì in dovere di mandare una piccola somma alla vedova.
Ai suoi funerali partecipò una gran folla e tantissime Società di Mutuo Soccorso.

“Uomo d’acciaio, tutto fuoco ed energia”.

G. Adamoli

… uno dei Mille e dei pochi Italiani viventi, degni di una età migliore…”

Aurelio Saffi
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